In virtù dello sguardo

La virtù penetrativa dello sguardo. Vorrei dire la sua discesa nel corpo sottile, al limite impalpabile e in continua mutazione della materia pittorica e della materia fisica simulata nella pittura. Materia attraversata a svelarne per trasparenza radiografica, al filtro della luce che la investe e la imbeve, la rada tessitura, la stratificazione e i depositi. Uno sguardo, quello di Giovanni Greppi, non già analitico e oggettivante, per quanto il processo formatore sia in lui alquanto puntuale. Segnatamente nell’ambito dell’incisione a colori su più lastre, il mezzo grafico che egli predilige e che usa con modalità operativa squisitamente pittorica per ottenere atmosfere rarefatte, in assenza della pur lieve plasticità degli impasti nei quali consiste il corpo egualmente sensibile dei suoi dipinti.446C11B54 A88D 895F 2B7D 692DE3F01CD4
Non mira, lo sguardo di Greppi, alla restituzione otticamente esatta, dunque estraniata sul piano mentale, di strutture sommerse ed evidenze pellicolari del reale fenomenico. Non appartiene alla sua forma grafo-pittorica né la resa lenticolare né la fissità dell’immagine, pur quando demandi, e lo fa di frequente, alla ripresa fotografica propria o altrui il compito di registrare l’imprinting visivo dal quale prenderà avvio la sua ricognizione/ricostruzione del reperto visivo dal vero, spesso ripreso in bianco e nero, nell’immagine poeticamente evocativa rilanciata semanticamente e rigenerata formalmente sempre con interventi rigorosamente manuali.
Lo sguardo di Greppi non scorre come specchiandosi sulla superficie da occupare, ma si sofferma a figurare impressioni dal mondo esterno alle quali corrispondono simultanee proiezioni da quello interiore. Presuppone dunque una durata che lo qualifica con una propria identità nell’area della pittura d’immagine italiana, rivelando nei suoi esiti più rarefatti e sospesi, qualche contiguità con le esperienze di quei pittori della durata percettiva e dell’insinuazione ultramondana che Roberto Tassi diceva della Metacosa. Impostato alla posa lunga e alla discesa attraverso la materia, lo sguardo di Greppi non è tentato dall’algido iper-realismo, ma si tiene egualmente estraneo al naturalismo, che peraltro sarebbe spesso giustificato dal soggetto.
Non di rado, difatti, Greppi ha visitato stati della natura naturans che sembrano offrirsi come vere e proprie epifanie germinative, fatte di tessiture biomorfe e di variegati paramenti nei quali giocano un ruolo vitale la motilità del segno e la risonanza del colore. Ricordo i fondali marini e le cortine vegetali che hanno contrassegnato l’intera sua prima stagione creativa, maturata sulla scia del naturalismo simbolico di Pont Aven per il tramite della lezione, per Greppi formativa, dell’ultimo Dova. Sono immersioni che ancora ricorrono tra gli altri aspetti del suo repertorio d’ambiente.3EC2DE080 E372 5033 29C4 2CB036D80B18
Nonché rappresentarla con una qualche aderenza al dato esterno, Greppi piuttosto si cala nella porzione di mondo prescelta, la situazione critica indagata, la scena di ordinaria quotidianità casualmente ripresa, dalla quale di volta in volta si sente attratto direi proprio in quanto intuisce, in essa, un potenziale inespresso di senso e di verità, persino di una bellezza latente che al suo sguardo è specola della visione, possibile via d’accesso alla dimensione sommersa dell’immaginario. Può essere un brano di natura, appunto, ancora vivibile come originaria, o per meglio dire che tale di fatto appare in virtù della particolare angolazione e incidenza del suo sguardo sovente ravvicinato, che quella particola individua ed estrapola dall’ambiente antropico diffusamente artefatto nel quale essa è come imprigionata, e occorre rivelarla. Può essere l’uomo da Greppi incontrato in presenza corporale lungo l’intera seconda stagione della sua ricerca riepilogata nell’insegna concettuale e testimoniale de La Pietà. L’uomo con il vario portato materiale e immateriale del suo status “civile” e della sua “fabbrica” produttrice di beni e di contaminazioni. L’uomo dello spirito e della cultura, dell’arte e dei codici linguistici e normativi, degli slanci ideali ma anche capace, in parallelo, di comportamenti ferini e sempiterne prevaricazioni, di insensatezze e crudeltà nell’esercizio personale e collettivo del potere.
I suoi elettivi brani di realtà nella presente sua terza stagione Greppi li isola infine dal contesto inquadrandoli e componendoli come inserti della disattesa “natura ordinaria” o icone della distrazione dello sguardo contemporaneo, per il quale è divenuto irrilevante il nesso tra immagine, senso e bellezza. Attraverso quei reperti visivi, banalmente ripresi per l’avvio del viaggio con il telefonino, come Warhol riprendeva con l’altrettanto banale polaroid i “modelli” dei suoi ritratti in serigrafia, però rilanciati solo per esaltare l’effetto maquillage della superficie pittorica, Greppi compie la sua rivisitazione per filtraggio formale, elevazione stilistica e potenziamento di senso. In tal modo li sottrae allo schermo giroscopico della nostra visione quotidiana, sul quale scorre rapinosa e fulminea la selva dei messaggi visivi che sono lo specchio più fedele del nostro vivere attuale. Ma quanto affastellarsi, quanto rumore e quanta precipitazione di senso nel flusso delle immagini che ci assediano, ci sfiorano, ci abbandonano senza depositi nella nostra memoria!
La ragione degli scatti con i quali anche nella presente sua terza stagione Greppi sottrae alcune di quelle immagini al flusso e le rielabora consegnandole a un mezzo grafico che richiede un lungo e laborioso processo formatore, consiste nel desiderio di leggerle con altri tempi, altra durata percettiva ed esperienza interiore e un diverso registro espressivo, rispetto alla linearità e labilità della comunicazione fluida alla quale andiamo sempre più abituandoci. è una lettura, questa, inevitabilmente proiettiva. Non si dà senza aver assimilato e interiormente elaborato il dato reale originario alla luce della sensibilità dell’artista da esso stimolata e dell’emozione suscitata nel suo animo, per cui è importante rigenerare il filo di quel moto lungo tutto il percorso formatore e nella vibrazione, non solo sottotraccia, dell’immagine alla quale infine egli approda.23B0DF0DB 6803 9FDE 24F5 2D87E4B455A4
Nella qualità avvertita e partecipe di quello sguardo penetrante che presuppone un viaggio della rivelazione del sommerso attraverso la materia pittorica e i luoghi fisici e metafisici e le situazioni esistenziali e psicologiche che essa mette in scena, ravviserei dunque la soluzione di continuità della ricerca visiva in divenire di Giovanni Greppi, che a far data dallo scorcio degli anni Ottanta, quando può dirsi sostanzialmente acquisita l’identità formale e stilistica del suo linguaggio, può dirsi articolata nelle tre grandi stagioni alle quali abbiamo accennato e che costituiscono un esempio oggi raramente reperibile di lavoro concentrato e partecipe in un’arte d’immagine diversamente connotata nel senso della natura, dell’umana condizione e della labilità comunicativa attuale, ma con l’unico obbiettivo di restituire allo sguardo la capacità di scoprire e rivelare, sempre al filtro della sensibilità e del sentimento personale, il senso, la verità, la bellezza delle cose e delle creature che ci accompagnano, del mondo nel quale siamo immersi e nel quale viaggiamo, come un’astronave nello spazio.